Invecchiamento cellulare, siamo a una svolta?

18 agosto 2025

Due proteine e una nuova arma per rallentarlo

Glasses resting on an open notebook with pen; laptop and smartphone in background.

Negli ultimi mesi la ricerca sull’invecchiamento cellulare ha fatto un salto avanti. Due proteine, UPF1 e AP2A1, si sono rivelate snodi cruciali nei meccanismi che portano le cellule alla senescenza—quello stato di “blocco” in cui smettono di dividersi e iniziano a inviare segnali infiammatori. Parallelamente, stanno arrivando in clinica i senolitici, farmaci che eliminano selettivamente queste cellule.

UPF1: il “meccanico” dell’RNA

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AP2A1: il regista del traffico cellulare

AP2A1 regola il traffico di membrane e l’architettura interna della cellula. Nelle cellule invecchiate questa proteina si accumula, contribuendo a irrigidire la struttura e alimentare segnali pro-infiammatori. Spegnere AP2A1 in laboratorio ha fatto tornare più “giovani” cellule già vecchie, mentre aumentarne l’espressione in cellule sane le ha fatte invecchiare più in fretta.

Senolitici: la “scopa” molecolare

I senolitici sono farmaci che puntano a rimuovere le cellule senescenti già presenti. Alcuni, come la combinazione dasatinib + quercetina, sono in test clinici; altri vengono selezionati grazie a screening su campioni di sangue umano che misurano cambiamenti nell’età epigenetica. È presto per parlare di “pillola anti-aging”, ma il salto dalla piastra di laboratorio ai primi trial sull’uomo è già in corso.

La strategia del futuro

L’idea più promettente è combinare:

 - Prevenzione della senescenza (ripristinando UPF1 o modulando AP2A1).

 - Eliminazione delle cellule già vecchie con senolitici mirati.

Questo approccio “due colpi” potrebbe un giorno aiutare non solo a vivere più a lungo, ma soprattutto a invecchiare meglio.



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