Pantàsema
Il fantoccio che balla tra fuoco, festa e mistero
Immagina una piazza di paese, in una sera d’estate. La banda suona, la gente si stringe attorno, bambini sulle spalle dei papà, nonni seduti sulle sedie pieghevoli. A un tratto compare lei: enorme, colorata, un po’ buffa e un po’ inquietante. È la Pantàsema, un grande fantoccio di donna che danza tra la folla e che, alla fine, verrà bruciata in un rito collettivo carico di significati antichi.
Un fantoccio tra rito e festa
La
Pantàsema
(o
Pantàsima,
Pupazza,
Signoraccia, a seconda del paese) è una tradizione dell’Italia centrale, soprattutto tra Lazio e Abruzzo. Non è una semplice maschera da carnevale: è un simbolo antico che unisce insieme
fertilità, fuoco e comunità.
I suoi seni esagerati, i gesti un po’ sfrontati e la danza sfrenata ricordano i riti legati alla terra e al raccolto. Alla fine, quando il fantoccio viene incendiato, è come se bruciasse con sé i mali e le paure, lasciando spazio a un nuovo inizio.
Com’è fatta e come si muove
La Pantàsema è costruita con canne, cartapesta e fuochi d’artificio. Dentro c’è un ballerino che la muove, facendola saltare, inchinare e quasi “provocare” gli spettatori. Poi, tra scintille e scoppi, la grande figura prende fuoco: uno spettacolo che mescola timore e divertimento, e che lascia tutti a bocca aperta.
Dove la si incontra
Ogni paese ha la sua variante, ma il periodo è quasi sempre lo stesso: la fine di agosto, quando l’estate volge al termine e inizia il tempo della vendemmia.
- A
Introdacqua (AQ) la Pantàsema chiude i festeggiamenti patronali con una danza notturna che infiamma la piazza.
- Ad
Ascrea, sul Lago del Turano, le “pantasime” sono due, maschio e femmina, e ballano il 16 agosto tra fuochi e saltarelli.
- A
Paganico Sabino e a
Grotti, sempre nel reatino, il rito accompagna le feste religiose di fine estate, mischiano sacro e profano.
- A
Offeio addirittura c’è un
Palio della Pantasima: i rioni si sfidano nella costruzione del fantoccio più spettacolare.
Ogni volta, la comunità si stringe intorno alla figura che danza e arde, rinnovando un legame con la terra e con il ciclo delle stagioni.
Un rito che parla ancora oggi
Certo, col tempo la Pantàsema è cambiata: oggi a volte prende le sembianze di personaggi famosi, politici o protagonisti dell’attualità, diventando anche una satira popolare. Ma il cuore rimane lo stesso:
- buttare via il male (simbolicamente nel fuoco),
- augurarsi prosperità e abbondanza,
- fare festa insieme.
È un rito semplice, ma potente: raduna persone di tutte le età e ricorda che, prima delle luci artificiali e delle piazze virtuali, c’erano il fuoco, la danza e la comunità come strumenti per dare senso al tempo che passa.
Perché vale la pena vederla
Partecipare a una festa della Pantàsema è un po’ come fare un salto indietro nel tempo, dentro un’Italia contadina che sapeva unire religione, superstizione e gioia di vivere. È uno spettacolo pirotecnico, certo, ma anche un racconto collettivo: la storia di un popolo che non smette di danzare attorno al fuoco per esorcizzare le paure e festeggiare la vita.
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